Stories we can tell & More – Out of Time

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Se devo pensare ad un requisito comune, uno ed uno soltanto, che è in grado di farmi piacere un gruppo a prescindere, credo proprio che sia l’ispirazione dei Byrds. Quando una band ha come punto di riferimento principale (o come parte del proprio DNA) la musica dei Byrds, andiamo sempre bene. C’è qualcosa che fa sempre vibrare le corde giuste: i suoni, la struttura delle canzoni, l’attitudine umile di chi sa che non sta inventando niente di nuovo, ma persegue bellezza ed un tipo naturale di emozioni arcane, senza tempo.

La metà degli anni ’80 è stato il momento storico in cui il suono dei Byrds divenne il comandamento assoluto per tutte le indie band, sulla scia dei R.E.M. negli Stati Uniti e degli Smiths in Gran Bretagna. Un’età dell’oro in cui uscivano a getto continuo nuovi gruppi con quell’imprinting. Anche in Italia, in quel periodo, comparvero gli Out of Time. Il loro unico album venne pubblicato nel 1985 ed è stato ristampato l’anno scorso su CD. All’ultima fiera di Novegro l’ho trovato a 12€ e benedico l’improvvisa compulsione che mi ha mosso all’acquisto.

Con tutti i limiti di una registrazione poco più che amatoriale (per non parlare delle 10 canzoni aggiunte tra demo e live), e con il solito problema degli italiani che cantano in inglese, è un gioiellino affascinante, pieno di quelle illuminazioni melodiche che ricalcano benissimo il modello originale. Una cult band completamente dimenticata, che ci ricordiamo solo noi che al tempo avevamo intorno a 20 anni e ci perdevamo alla scoperta di questi pellegrini tra i suoni dei gloriosi sixties. Riascoltare la loro Take my time mi ha fatto ritrovare un Non-Hit di quella Radioland di programmi alternativi e riviste specializzate in cui questi ragazzi piemontesi non erano gli ultimi degli sfigati, ma i primi di una generazione di rock italiano che coltivava con orgoglio la propria differenza.

Stories we can tell non c’è su YouTube. Chi lo vuole se lo deve cercare veramente, o coglierlo al volo, se capita, come ho fatto io. Sul libretto del CD ci sono le recensioni d’epoca di Rockerilla, del Mucchio, di Rockstar, di Fare Musica (FARE MUSICA!)… C’è la playlist di fine 85 di Rockerilla: secondi nella sezione LP Italia, sei posti sopra Desaparecido dei Litfiba. C’era tutta la passione per una musica antica, contemporanea e senza tempo. C’era la condivisione di una passione, tra chi suonava, chi scriveva e chi ascoltava. C’era l’entusiasmo per le storie che possiamo raccontare. E la cosa più preziosa è accorgersi che quello c’è ancora, come sempre, come l’amore per i Byrds…

4 pensieri su “Stories we can tell & More – Out of Time

  1. Mi ricordo che in certe mattine di primavera mi svegliavo e la luce che filtrava dalle persiane era uguale al suono di una Rickenbaker… mamma mia come ero giovane e spensierato!

      • Sottoscrivo l’immagine jinglejanglesca. Ma questo disco non aveva una copertina con un orologio da taschino su un lato?

      • Ricordi bene che la copertina originale non era questa, ma in realtà raffigurava un po’ di oggetti sparsi su un tavolo (foto, fiammiferi, sigarette, uno spartito, un particolare di manico di Rickenbacker…). Decisamente più bella, la foto di gruppo fa un po’ garage-sfiga…

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