50 Discographies at 50 – DONALD FAGEN (14/50)

Can’t Buy A Thrill (1972) – Steely Dan
Pretzel Logic (1974) – Steely Dan
Katy Lied (1975) – Steely Dan
The Royal Scam (1976) – Steely Dan
Aja (1977) – Steely Dan
Gaucho (1980) – Steely Dan
The Nightfly (1982)
Kamakiriad (1993)
Morph The Cat (2006)
Sunken Condos (2012)

Nel 1993, quando uscì Kamakiriad, la constatazione che erano passati 11 anni da The Nightfly, 11 anni in cui Donald Fagen non aveva pubblicato nessun album, mi sbalordiva. Mi sembrava un tempo infinito, una vita intera; del resto, per me che nel 1982 avevo solo 15 anni, da allora era cambiato tutto. Adesso gli anni ce li mangiamo senza neanche rendercene conto. 11 anni fa sembra sul serio l’altro ieri. E invece, all’epoca, quegli 11 anni significavano che quello che ritornava con un album nuovo non era più il giovane uomo che aveva attraversato trionfalmente gli anni 70 ed era approdato a quell’album, che fin da subito assunse lo status di capolavoro senza tempo. Ritrovare Donald Fagen dopo così tanto, aveva amplificato la già considerevole distanza anagrafica: io ero giovane e lui era quasi vecchio. A 45 anni.

The Nightfly non è solo un capolavoro. È una scelta di vita, uno stato dell’esistenza perfettamente cristallizzato, un’età raggiunta la quale è possibile guardare con la stessa serena consapevolezza dentro il proprio passato e verso il proprio futuro. L’uomo su quella copertina aveva l’età che aveva e la avrà per sempre. Come ognuno di noi, che ad ogni compleanno non ci capacitiamo, che ci sentiamo sempre come in quella foto, o in tutte quelle in cui riusciamo a rispecchiarci perfettamente. Ecco perchè, dopo un disco così, Donald Fagen poteva solo invecchiare. Ma ecco l’altro pezzo straordinario di questa discografia parziale: difficile, forse impossibile invecchiare così bene. Forse anche per questo la morte di Walter Becker ha spiazzato così tanto, tra le tante perdite che questi anni ci insegnano ad affrontare. Il posto che questi due personaggi hanno occupato nella storia della nostra musica non solo è unico ed esclusivo, ma gli ha consentito di non soffrire per niente il confronto tra l’immagine di quella copertina sospesa nel tempo e quelle degli album successivi o delle apparizioni dal vivo.

Hanno ragione quelli che non si sono mai appassionati agli Steely Dan: è musica che si ama più con la testa che col cuore. Ma è quello che succede quando i due organi si collegano, che loro non hanno avuto la fortuna di sentire. Smettere di rimanere sulla superficie di queste canzoni piene di accordi jazz, piene di strumenti, così perfette, troppo perfette; e invece lasciarsi andare, entrarci dentro, perdersi nei dettagli, che dopo un po’ non sono più suoni usciti dalle menti e dalle mani dei musicisti, ma cose nostre di cui facciamo ciò che vogliamo. Donald Fagen lo disse benissimo, in un’intervista a Massimo Cotto, nel 1993:

Il viaggio è tutto, nella musica.
La grande musica è quella che non si accontenta di condurti fuori dal mondo e di trasportare la tua mente altrove, ma quella che ti fa diventare protagonista del viaggio. Allora non sei più un semplice ascoltatore che segue con passione più o meno grande il viaggio di qualcun altro, ma entri nella storia stessa, aggiungendo nuovi elementi. L’immaginazione è parte fondamentale del rock ed è fondamentale che il rock venga veicolato da mezzi come la radio perché è lì che l’immaginazione ha carta bianca, è lì che l’ascoltatore diventa co-autore: in assenza di immagini è lui a costruirle sulla base della canzone. L’artista dà la traccia, il fruitore la segue e insieme giungono all’assassino.

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