In storing and handling the Compact Disc, you should apply the same care as with conventional records.
Nei libretti dei CD degli anni ’80 e di parte dei ’90 si trovavano queste istruzioni multilingua per il corretto utilizzo dei dischetti. Per un decennio abbondante, la percezione di quello che progressivamente stava diventando il formato dominante sapeva ancora di futuro e salto tecnologico: i dischi in vinile erano, appunto, conventional records.
Rileggere queste espressioni quando si va a pescare in mezzo alla propria collezione, o quando si acquista un CD usato, dà un senso di straniamento. Cos’è oggi un conventional record? Il CD? Siamo già oltre: gli hard disk pieni di files musicali appaiono ormai obsoleti. L’ascolto della musica è già passato all’accesso diretto in streaming ad archivi infiniti posizionati chissà dove. E le istruzioni per i prossimi passaggi tecnologici forse parleranno di conventional clouds…
Siamo sempre di meno, e sembriamo sempre più patetici. Noi che continuiamo a volere la musica su un disco, di vinile o di alluminio. Razionalmente non sembra esserci un solo motivo valido per continuare ad ascoltare la musica su supporti così limitati. La musica è ciò che conta, in qualsiasi formato la si ascolti.
Certo, avete tutti ragione. Ma io mi tengo i miei dischi. E continuo a comprarne, tanti.
Io voglio possedere i miei album.
Non è “uguale” tenerli nel pc ordinati in cartelline, sfogliarli passando il dito sull’Ipod. Avere a disposizione su una nuvola, con pochi euro al mese, Tutti Gli Album Della Storia Del Mondo. Non ci sono, non ce li hai. Non li possiedi.
L’ha scritto benissimo il mitico (un tempo) Blue Bottazzi:
Possedere un disco, con la sua confezione, ed infilarlo nella libreria al suo posto è l’unico modo di conoscerlo davvero, attentamente, ascolto dopo ascolto, e non in modo superficiale.
Infilarlo nella libreria. Al suo posto. Questa è l’essenza dell’album, questo è quello che stanno estinguendo. Case senza librerie. Musica senza impronte digitali. Vite senza oggetti. Canzoni senza un posto.
Il tempo non si ferma e il futuro ci trascina con sè, è inutile opporre resistenza. Ma se possiamo (finchè possiamo) e se lo desideriamo, teniamoci stretti i nostri conventional records. Se vi sembra poco, quello che i libretti dei CD promettevano era verità:
If you follow these suggestions, the Compact Disc will provide a lifetime of pure listening enjoyment.
Less package, less track, less plastic, more music. Save your environment, bring down pollution, don’t buy music: share it!
Ok Paolo, quando in occasione del trasloco deciderai di disfarti di tutto quell’ammasso di plastics and alluminium che tieni sugli scaffali, passo dentro io, ti faccio il lavoro sporco per un 50 €, poi dopo andiamo a bere e a vantarci giù in città a Bertonico… (Ti lascio lì solo il quadro con i 45 degli Housemartins, per gli ovvi motivi affettivi…)
Arrivi buon ultimo. Per non saper né leggere, né scrivere mi sono fiondato presto al centro sociale. Erano li in bella posta, con i loro cani sguaiati. Gi faccio: “Ue, testa da marciapiede, volete andare oltre il punk?” Loro mi fanno un coro di dita medie. Uno, in segno di curiosità, vomita della birra. Io provoco: “Mai sentito i Proclaimers in vinile?” Rutto interlocutorio. Uno apostrofa il dio dei cani, per uno stronzo imprevisto a bordo anfibio. Il più grosso butta li:”Hai niente degli In Tua Nua?” Cioè, a me chiedi se ho un vinile degli In Tua Nua? Ma con chi cazzo credi di parlare, enorme figlio di bagascia? Li pianto li, scagliandogli contro il CD Copacetic delle Velocity Girl. Un incrocio tra un segugio e una trafila di bastardi cerca di inseguirmi, ma è troppo ubriaco di vodka e viskas per azzannarmi. Trafelato arrivo, con il mio sorriso borioso, al Circolo Archinti. Faccio ai nonni affacciati sull’aia: “Giuinott, avete degli scaffali senza foto del Bettino?” Uno che sembra Pertini da vecchio fa: “Lascia stare el Bettino, spiritus!” “Bon, il 7 settembre (non del ’39) vi butto qua una vasca di dischi e Cd”. Loro in coro: “Si può fare, se viene il Pevia non gli diamo un cazzo”. Io: “Al limite, discarica”.
Il pezzo non è completo… Manca il finale: Paola Maugeri passa di lì e ti dice: “Amore, ti aspettavo da una vita”
Caro andrea, leggendo il tuo blog mi sono venuti in mente ricordi sulla mia vita in musica, dai tempi dell’adolescenza, dei primi cd acquistati con le paghette settimanali o regalatimi in occasioni come compleanni o feste varie, fino alle discografie pian piano composte un cd alla volta. Mi trovi davvero concorde quando parli dell’importanza del cd, dalla rimozione della plastichina fino alla lettura del booklet mentre lo si gustava per la prima volta. Gli ascolti erano più attenti, più appassionati e nn raramente mi é capitato di ascoltare e seguire le parole sul libretto. Inoltre, il cd come il vinile faceva anche arredamento e ricordo come ci si dotava di mastodontiche colonne porta cd su cui si riponevano tutti in ordine di artista. Per quanto mi riguarda, ho avvertito la passione per la musica ascoltando alcuni album dei queen, di bob dylan, di bryan adams e sentendo tanta radio. La perfezione musicale dei queen mi stravolse e cominciai ad acquistare i loro cd come se fossero appena usciti…purtroppo freddie era scomparso un paio di anni prima e un mio sogno/rimpianto di vederli dal vivo mi accompagnerà sempre. Ma la vera svolta del cuore arrivò un estate di molti anni fa, al mare a casa di amici fui attratto da un cd con copertina a sfondo bianco che ritraeva un uomo di spalle con una fender telecaster color legno a tracolla …era il greatest hits di un cantante che da allora nn ho più abbandonato. Il feeling con la sua musica cresceva di ascolto in ascolto, la voce roca accompagnata da quella perfetta macchina da rock’n’roll che era la sua band. Che dire, Bruce Springsteen é da subito diventato il mio ideale di musica e il mio vero faro musicale. Il suo istintivo e genuino rock fatto di storie di gente comune, di slanci verso una libertà che in fondo non è mai raggiungibile, di coraggiosi personaggi simbolo di un’America decadente o di perfetti sconfitti, perdenti consapevoli e solitari. Le sue parentesi acustiche sono momenti di pura intimità come i suoi album full band sono ancora oggi dei punti fermi della mia musica (su tutti il miei preferiti The River, Born to run e Darkness on the edge of town). Però, come tu mi hai insegnato…il vero “potere” del Boss lo si comprende solo sentendolo dal vivo. Siamo nel 2003 e a san siro ho iniziato la corsa per assistere ai suoi concerti una cavalcata di attese e e promesse che vengono sempre mantenute dal Boss…Dal 2003 ogni volta porto con me persone nuove che ignare di cosa la aspetta…a fine concerto mi ripetono ad occhi sgranati “quand è il prossimo tour??”. Ogni concerto i miei amici al seguito aumentano…
Tornando al tuo blog, lo tengo sott’occhio e apprezzo molto quello che scrivi e come lo scrivi…in fondo quelli come noi quando gli parli di musica ci brillano gli occhi!!!
Un abbraccio e scusa se mi sono dilungato…ma tu provochi!!
Ciao
Fabio
Caro Fabio, nel mio blog è consentito tutto, soprattutto dilungarsi.
Va beh, il post su Springsteen ormai me l’hai fatto tu… Scherzo, stai tranquillo che prima o poi arriverà.
Trovarti fuori da S.Siro un mese fa con Cristina e la lunga fila dei tuoi amici è stato il modo perfetto di chiudere una serata di magie infinite… A Trieste anche se ero a 5 metri dal palco e si sentiva benissimo non è stata la stessa cosa… Anche se ha fatto una Rosalita che mi ha ringiovanito di 27 anni! Grazie delle bellissime parole, e continua a brillare!
Grande sketch, PaoKo., anche se scopro solo attraverso Andy (Pevia-Weatherall) trattarsi di un mock-Milani cui mai sarei arrivato da solo: che dire, chapeau, anche se arrivo tardi per spazzolare le briciole di buono che potrebbero annidarsi ancora sul tuo polveroso scaffale delle brit-fighette… ma continuerò a leggere questo “seminale” (si diceva così su Velvet, no?) blog: capace che come l’Ignoto Fabio qua sopra anch’io scopro, che so, Toto (Cutugno o band) e poi non mi perdo più un concerto quando vengo(no) a San Siro.
Non volermene, Fabio, neh: Andy mo’ te spiega che sono un vecchio satanista inacidito, cmq ora districo le dita rattrappite a corna e mi segno quei dischi belli del Boss da scoprire… quali sono? The River e Born To Run, ah però….. ;-)))))))))))))))))))))))))))))
a voi la linea, mattacchioni, e gabba gabba hey!
Lord of Chaos
Finalmente è arrivato Mario! Dopo quasi 3 decenni di epici battibecchi privati, finalmente possiamo esibirci in pubblico come Uomini Cisterna (sempre M.Milani, op.cit.)…
Fabio, tanti anni fa ho smesso di sperare che capisse qualcosa di Springsteen e di rock’n’roll in generale… poteva solo finire tra i Bambini di Satana, ma per fortuna si limita a fare le foto (anche se si vanta di stuprare vergini per fare colpo sui suoi oltre 700 fan su Facebook).
E comunque “Seminale” si colloca al primo posto dei complimenti a Conventional Records.
Beh, Andrea, come promesso sono passato a salutarti ed a farmi un giro da te.
E devo dire: cavolo, come la sapete lunga da queste parti! Roba da vergognarmi, io con la mia ridicola collezione di dischi e le due o tre canzoni che mi riesce di sentire al giorno..
Però una riflessione sul tema te la vorrei anche lasciare.
Ed è questa: è vero che dal vinile al ciddì si perde già molto, penso, tanto per dire, alla copertina di Screamadelica o a quella di Paul’s Boutique che si apriva in quattro e ti faceva entrare di botto a NY (che poi non ce l’ho neanche, quel disco, p######a eva, visto da un amico!).
Per non parlare poi del piacere assolutamente fisico di spacchettare il disco (io avevo questo rito di tagliare la plastica coll’unghia del pollice dal fianco aperto, o come cavolo si dice), estrarre il padellone, piazzarlo sul piatto e vai di puntina.
Questo già coi cd non si riusciva già più, e si doveva andare a cercare il tagliacarte, altrimenti toccava arrangiarsi con quello che capitava sottomano, biro coltelli forchette..
Ed adesso che anche i cd non li si compra più che tanto non si ha il tempo per ascoltarli, che l’ultimo che ho preso sono riuscito a trovare il tempo di sentirlo con calma solo dopo due mesi, si è perso anche il gusto di passare quella mezzoretta a leggersi il booklet e le note di copertina e scoprire che, dai, ma guarda chi suona il basso qui dentro, è lo stesso che aveva quel gruppo là, adesso mi spiego perché ‘sto pezzo suona così..
Però, la miseria, io non voglio rimpianti: le cose cambiano sempre e comunque, e sta a noi andare a pescarne gli aspetti positivi.
Ed a me del fatto che la musica la andiamo a scovare chissà dove, in streaming o su qualche blog, c’è una cosa che mi piace da matti ed è questa cosa dell’andare a cercarla.
Per dire, uno come me parte da hypem, o direttamente da google, perché gli viene in mente di provare a cercare quella canzone che aveva sentito vent’anni prima e di cui si ricorda a malapena il titolo, e finisce su di un blog, e la trova, e già che c’è si mette a leggere, e scopre che di impallinati come lui (PIU’ di lui!) ce ne sono parecchi sul web, e capita che qualcuno scriva su quel blog qualcosa che è poi ESATTAMENTE ciò che quello come me aveva sempre pensato di quella canzone, e poi capita che quello stesso qualcuno scriva qualcos’altro su di un altro pezzo e quello cambia totalmente ciò che quello come me pensava di quel pezzo lì, e poi da quel blog il tipo passa ad un altro, e c’è qualcuno che scrive di quella canzone di cui avevi letto sul Mucchio venticinque anni prima ma che non ti era mai capitato di sentire, anche perché dove mai andavi a trovarla, su, ma le parole scritte da quel tizio ti fanno decidere di farlo e, ma dai, c###o, ha ragione, che grande canzone che è (notato il passaggio dalla terza alla seconda persona singolare? Non ce la facevo più ad andare aventi in quel modo..).
Dopodiché ti accorgi che in un certo senso la musica diventa perfino qualcosa di secondario (eresia! eresia!) perché quello che ti piace in tutto questo finisce per essere il fatto che in un certo modo vai a conoscere gente che ha una sua vita a migliaia di chilometri da te, che alcune volte la pensa esattamente come te ed altre volte in modo talmente diverso che sei costretto a rimettere in gioco tutte quelle idee su cui avevi costruito la tua confortevole esistenza, gente che ha cose da dire e storie da raccontare, persone con cui in un certo modo finisci perfino per fartici una bevuta insieme, anche se sono da un’altra parte del mondo.
Dopodiché ti viene anche da pensare che forse, e sempre e comunque in un certo modo che non è facile da spiegare, tutta questa gente, a loro modo e senza farci troppo caso, si è messa a scrivere l’autobiografia di una generazione e tu, a tuo modo e sempre e comunque in un modo molto piccolo, ci sei finito dentro.
E prova ora a dirmi che non è una figata.
Coi dischi non succedeva.
Saluti.
Luca.
E’ sicuramente una grandissima figata ricevere visite così, Luca.
Per parlare solo del nostro punto d’incontro di qualche giorno fa: è stata una figata scoprire, ormai parecchi anni fa, il blog di JC; è una figata seguire più o meno ogni giorno il nostro Vinyl Villain, con la sua incredibile capacità di proporre continuamente idee, spunti, argomenti che hanno creato una piccola comunità internazionale; ed è stata una figata il tuo intervento out of the blue, così come l’entusiasmo che ha scatenato nei commenti degli happy few.
Lascia allora che ti spieghi meglio la “posizione ideologica” dei Conventional Records. Quello che non mi va non è certo la Rete, i Blog, la possibilità di cercare e trovare musica e canzoni di ogni tipo. Tutto questo ci ha migliorato e ci migliorerà la vita, non mi sogno di fare resistenza: uso un iPhone per essere sempre collegato, e la musica ormai la ascolto quasi solo in treno, dopo aver messo sull’iPod i CD, che continuo a comprare …
Quello che non capisco (anzi no, lo capisco ma non riesco ad accettare la distruzione di qualcosa di così bello) è che, affinchè si verificassero tutti questi passaggi tecnologici legati alla musica, fosse necessario far morire l’album, il disco. Il senso di un’opera che si manifesta anche con la sua fisicità, il suo stare in casa tua, nella tua vita. Certo, il problema dello spazio, la musica e non l’oggetto… Ma perchè non dovrei avere SIA le figate che si trovano in rete CHE quelle che si trovano ancora negli ultimi negozi di dischi? Ho letto su Blow Up del nuovo More light dei Primal Scream che uscirà tra poco: non vedo l’ora di averlo, e voglio fargli posto (perchè il posto, se si vuole, si trova sempre) alla fine della discografia completa da Sonic flower grove a Beautiful future.
Insomma, sono d’accordo con tutto quello che mi hai scritto, tranne l’ultima riga. Coi dischi non succedeva? Al contrario, con i dischi ci siamo creati ognuno la propria autobiografia, ed è parlandone e condividendoli che navigando si continua ad arricchire questa grande Autobiografia di una Generazione. Va tutto bene, ma poi ognuno è libero di pensare che la propria autobiografia sia già finita, oppure che ci siano ancora pagine da aggiungere oggi, domani.
Andrea,
grazie per la tua bellissima risposta, ma a questo punto ti chiedo ancora spazio e pazienza per poter precisare il mio pensiero, e stavolta cercherò di farlo in modo più meditato ed evitando quelle fastidiosissime ripetizioni e quell’errore di battitura che mi rode da giorni (andare AVENTI?!).
Allora: quello che tortuosamente cercavo di dire era che la dematerializzazione della musica, al di là di ogni possibile valutazione negativa sul punto, in primo luogo ha innegabilmente reso i blog dedicati ad essa molto più interessanti, per la pura e semplice ragione di consentire all’autore del blog stesso di offrire l’ascolto immediato del brano di cui parla, anche solo postando un video, non necessariamente l’mp3. Non so quanto valga per te, ma io trovavo per certi versi frustrante leggere meravigliosi articoli su artisti o canzoni che non avrei avuto la benché minima possibilità di sentire.
Ma soprattutto: ribadisco di essere assolutamente convinto che vi siano molti, mi viene da scrivere ..come noi, finiti per caso nella blogosfera attirati come mosche sul miele dalla possibilità di scovare brani che credevamo perduti, che ci siano poi rimasti soprattutto per altre ragioni, e penso soprattutto al piacere di apprezzare le riflessioni di menti percepite come affini, e queste meditazioni non necessariamente debbano riguardano la musica in quanto tale.
Le canzoni, intese quindi nella loro condizione dematerializzata, ed a questo punto devo aggiungere ‘solo e necessariamente tale’, sono state, almeno per me, una specie di McGuffin, qualcosa che, pur senza essere un elemento essenziale della trama, ne giustifica fatalmente l’esistenza, l’espediente per mettere in moto la vera storia, che non riguarda solo la musica, ma molto altro ancora.
Ed in questo senso, e solo in questo senso, che va intesa la fase incriminata ‘coi dischi non succedeva’: molto semplicemente, fino all’avvento degli mp3 e di youtube, la loro natura di oggetti fisici ne precludeva la messa in gioco nel web.
Che poi, limitando il discorso solo alla musica, tutto questo porti ad una diversa pratica di fruizione della stessa può tranquillamente essere discusso, si potrebbe parlare di una modalità di tipo verticale, di discendenza romantica, e tendenzialmente singolare, consistente nell’acquisto dell’album/cd e del suo ascolto prolungato e finalizzato ad eviscerarne fino all’ultima goccia di senso, così come di una modalità di tipo orizzontale, assolutamente contemporanea, ed in un certo modo collettiva, che si realizza nell’abbandonarsi al flusso delle associazioni musicali, più o meno casuali piuttosto che guidate, tramite lo strumento del web, ed assistere all’accumulazione di significato per stratificazione di esperienze.
Quello che mi importa dire (e con questo cerco di comporre il conflitto) è che queste due modalità sono per me pienamente compatibili se non addirittura complementari: a mio parere non è possibile avere il necessario acume critico per navigare con soddisfazione e costruttivamente nell’enorme massa della musica in rete senza aver frequentemente conosciuto il piacere della comprensione sempre più profonda dell’opera musicale tramite ascolti via via più attenti, ed allo stesso modo chiunque abbia provato tale appagamento non dovrebbe assolutamente negarsi il gusto di sperimentare come il proprio patrimonio di esperienze e di significati possa mettersi in gioco ed evolvere nuovamente ed al di fuori dei binari soliti grazie anche alla casualità di esporsi all’immensa potenzialità di suggestione della rete. Non mi interessa assolutamente, invece, stabilire quale delle due modalità di fruizione sia migliore: sia perché non ho gli strumenti critici per farlo sia perché, francamente, è un gioco a cui mi piace poco partecipare. Dico semplicemente che secondo me riusciranno a coesistere.
Dovrebbe essere chiaro ora che non condivido il tuo timore che la possibilità di ascoltare la musica sul web a lungo andare porti alla morte dell’album come oggetto e/o come massa concettuale. Quando iniziarono a diffondersi i cd si disse lo stesso del vinile ed invece, ad andare a cercarlo, è ancora vivo e pimpante. Sii ottimista, avrai SIA le figate che si trovano in rete SIA quelle che si trovano ancora negli (ultimi?) negozi di dischi, e come te molti altri.
Che io, singolo individuo, abbia ridotto o azzerato l’acquisto dell’album/cd dipende in realtà da motivazioni assolutamente personali e non estendibili alla massa degli audiofili: ragioni utilitaristiche, come la mancanza di tempo, piuttosto che una malriposta diffidenza nei confronti di forme di accumulazione potenzialmente compulsive (così scrisse l’uomo che possedeva una trentina di cravatte). Considera anche che, mentre i tuoi gusti musicali sono orientati, o almeno così pare a me, soprattutto verso generi come il pop ed il rock in cui il formato album ha avuto per lungo tempo, ed ha tutt’ora, un ruolo fondamentale come struttura concettuale su cui costruire la composizione musicale, i miei sono in realtà maggiormente (ma non esclusivamente) rivolti verso esperienze sonore riconducibili, a volerle definire nel modo più generico possibile, alla ‘musica da ballo’, il che per il sottoscritto significa spaziare da un certo tipo di jazz alla techno, ed in cui è più raro che un singolo brano veda la propria importanza determinata anche dal fatto di essere inserito nel contesto di un’opera più ampia, e dotata di oggettività materiale, quale l’album in sé. Anzi, è proprio in questo ambito che sono nate le prime forme di accumulazione di significato musicale tramite l’accostamento/stratificazione, sia pure guidata in modo esperto ed anche artistico dal gusto e dalle capacità musicali di un singolo o più persone. I mixtapes, per farla breve.
Ad ogni modo, non intendo assolutamente smettere di arricchire il mio patrimonio di esperienze musicali, che peraltro è sensibilmente inferiore al tuo, anzi. Semplicemente lo sto facendo e lo farò a mio modo, ad esempio seguendo con assiduità il tuo blog. Devo però ammettere che la mia passione per la musica non ha poi, né ha mai avuto, la bruciante intensità della tua o di quella di altri (sto pensando a coloro che scrivono sui blog che hai linkato) e ciò determina il livello delle mie conoscenze musicali (che è quello che è..).
Va beh, pistolottone ignobile. Mi macchierò di ὕβρις (fatto il classico? mo’ traduci) mandandotelo lo stesso? Quanti giustamente penseranno sia una nauseabonda frittura mista di idee rimasticate e maldigerite e di concetti usati a sproposito? Non so, ma amen. Spero comunque di non avere abusato troppo della tua pazienza e del tuo spazio.
Saluti.
Luca.
P.S. chiedo scusa. Sono stato antipatico ed inutilmente saccente. Chiarisco: l’ ὕβρις (da leggersi hybris) era nella tragedia greca la colpa di cui si macchiavano gli uomini che per arroganza andavano al di là dei propri limiti, e venivano per questo colpiti dalla punizione degli dei, la nemesi. Un modo stupido per dire che avvertivo il rischio di stare esagerando, ed ho finito per esagerare davvero. Non era mia intenzione fare sfoggio di chissà quale cultura.
Colpa mia.
Ancora saluti.
Luca
Take it easy, Luca! Non ho pensato che volessi fare sfoggio di cultura. Ubris è facile, dai, me la ricordo perfino io che ho completamente disperso 5 anni di greco e latino… Piuttosto, ho dovuto cercare McGuffin su Wikipedia… Anche questa è stata una figata! Ma… quanto sono ignorante?
Many, many thanks per il ritorno e le spiegazioni, e per la grandissima qualità del tuo modo di argomentare e di esprimerti. D’altra parte, se tanto mi dà tanto, vista la qualità del tuo inglese su Vinyl Villain, in italiano sei un vero fuoriclasse: è un vero onore avere commenti del genere nel mio blog, abusa e spazia libero e selvaggio!
E poi: nessun “conflitto” da ricomporre, semplicemente non avevo capito ciò che ora hai spiegato perfettamente.
Come hai ben raccontato con la tua esperienza, anche per me il confronto con la tua visione delle cose è un’occasione per rivedere certe mie negatività ed intransigenze. Anche se, sinceramente, non so se basterà a farmi uscire dal mio “tunnel”… Sicuramente mi hai convinto di una cosa: questa è una grande, complicatissima era di cambiamenti, anni di transizione in cui non è possibile sapere esattamente di che materia saranno fatte le nostre esperienze musicali nel futuro. E quindi godiamoci, quanto possiamo e finchè possiamo, tutto il meglio che quest’epoca ci mette a disposizione.
Comunque, non per insistere… Tu hai un grande blog che ti brucia nelle vene… Please, LET IT ALL OUT!
Andrea,
in realtà non dubitavo di te, pensavo piuttosto ad un eventuale lettore occasionale che giustamente poteva sentirsi infastidito dall’impiego assolutamente inutile di un termine greco, e quindi di non facile comprensione anche con l’uso del web. Il riferimento ai McGuffin, invece, da un lato era funzionale al discorso che andavo sviluppando, e dall’altro non risultava un ostacolo assoluto alla comprensione dello stesso grazie a Wikipedia ed al copia-e-incolla (che avrò usato non so quante volte, per cui se ti consideri ignorante tu cosa dovrei dire io..). Le scuse quindi erano e sono assolutamente dovute, come forma di rispetto non solo nei tuoi confronti ma anche e soprattutto di coloro che avevano (o avranno) avuto la pazienza di seguirmi fino alla fine del mio commento.
Grazie ancora, ed aspetto con impazienza il tuo prossimo post per intervenire..
Luca
Erm.. sono notevolmente imbarazzato.. sperando di non passare per un attention whore..
ma visto che hai insistito..
http://www.thisismyjam.com/lucathequietone
Luca
Di nuovo io. Blogger ha cancellato oggi The Vinyl Villain. Meglio non commentare. Il nuovo sito è http://thenewvinylvillain.wordpress.com.
Se conosci qualche altro blogger (italiano o meno) che ha messo TVV tra i suoi link, faglielo sapere.
Grazie Luca, mi hai dato un bel sollievo… Stamattina quando ho letto quella scritta (il blog è stato rimosso) sono rimasto basito… E’ incredibile che si possano cancellare 7 anni di scritti brillantissimi e di passione vera per la musica così, in un soffio. JC è veramente una persona speciale, ripartire il giorno stesso senza guardare indietro è formidabile: non è solo il piacere di poterlo seguire ancora, è una vera lezione di vita.
Passione condivisa quella del “possedere” il supporto, cd o vinile che sia. la musica gratifica e appaga tutti e i cinque i sensi, tatto compreso, fino almeno al ventunesimo. nessun file di nessun computer sarà mai in grado di eguagliare la molteplicità di sensazioni trasmesse da un cd o da un vinile. non c’è storia.
Hai davvero un blog molto interessante. Una domanda: quel Tommy nell’immagine del tuo header ha niente a che fare con The Who?
Grazie! Ho visitato il tuo: è molto bello, anche se frequento poco il jazz… Tornerò, penso che mi farai venire voglia di approfondire.
Certamente, Tommy è l’album degli Who.
E’ un fotogramma da Almost famous, bellissimo film che cattura alla perfezione lo spirito di quel periodo magico del rock nei primi anni ’70. Nella scena, la sorella maggiore del protagonista (un ragazzino che vuole diventare critico musicale) scappa di casa col fidanzato e lascia al fratello una borsa con tutta la sua collezione di LP.
E’ un frammento emozionante: lui guarda rapito, una dopo l’altra, tutte le copertine, trova quel biglietto e si sente la voce fuori campo della ragazza: “Ascolta Tommy con una candela accesa e vedrai tutto il tuo futuro”.