25 25 (+1) after 89: INTOLERANCE – GRANT HART (23/25)

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Qualche anno fa ho provato a mettere insieme un disco immaginario degli Husker Du, selezionando i miei pezzi preferiti dai primi dischi solisti di Bob Mould e Grant Hart, usciti nel 1989 a pochi mesi di distanza. Un Intolerance Workbook splendido e intensissimo, sulla carta. E invece no: non funzionava per niente. Combinate in sequenza mista come negli album degli Husker Du, queste canzoni di Mould e Hart si respingevano a vicenda, così come evidentemente era avvenuto nella loro amicizia. Forse è lì che ho capito emotivamente che non sarebbero mai tornati insieme (oltre ad essere razionalmente convinto che le reunion, in generale, sarebbe meglio evitarle).

Perché non si riformeranno MAI, gli Husker Du. Mettetevi il cuore in pace. Qualche settimana fa, dopo che erano circolate voci sicure di un imminente annuncio, Facebook mi ha suggerito di chiedere l’amicizia a Greg Norton. Il terzo uomo (oggi Sales Rep presso Bourges Imports; i baffoni ci sono ancora). Non ho perso l’occasione, e il giorno dopo lui l’ha accettata. E allora gli ho scritto un messaggio: Thank you Greg! (Please please please never do it! Keep it as good as it’s been… Just reissue the catalog!) 

Non mi ha risposto.

(Non va sempre così male, in questi goffi approcci virtuali con i social cult heroes… Qualche giorno dopo sono diventato “amico” di Dan Stuart dei Green On Red e l’ho ringraziato postandogli la foto delle album cover che ho appeso in soggiorno, tra cui c’è quella stupenda di The killer inside me; lui mi ha elargito un “Pleasure is mine Andrea…”.
Ma il social nod di cui vado più fiero è questo. Sì, è proprio LUI.)

Intolleranza. Era la parola chiave che aveva segnato la fine di quel rapporto così forte, di quella tensione positiva che accese milioni di luci e che poi si spense di colpo. Intolleranza, in questi 25 (+1) anni, è diventata una delle parole chiave dell’umanità, la deriva del vivere civile e l’ostacolo più grande per la conoscenza. In questa parola, Grant Hart metteva insieme i due veleni da cui quest’album è indelebilmente segnato: il risentimento, che è più amaro quanto più si è stati vicini alle persone verso cui è diretto; e la droga pesante, che lo ha seguito come un’ombra per gran parte della sua vita (Reeperbahn, Christiania, Pigalle, all the same). Onesto e spietato come pochissimi altri album nella storia, toccante nel descrivere l’infelicità più profonda e il più profondo desiderio di felicità.

Freezing
Like an icicle bending
Like a rain cloud rumbling
Like a sidewalk mending
Like a shroud dissolving
Like a snowflake sailing
Like an arrow splitting
Like an egg-shell sailing
Like a sparrow I’m using
All of my senses
You know I am
I’m using
All of my senses

I testi, certo. Ma soprattutto è il suono di queste canzoni ad infondere quel senso di malessere e di santa voglia di uscirne. Registrato malissimo, e con gli strumenti suonati praticamente tutti da solo, con tutti i suoi sensi. Un’esperienza esistenziale da condividere, o da lasciar perdere se non si riesce a comprendere il cuore di queste canzoni. Le prime cinque, una in fila all’altra, fanno una delle mie side A preferite in assoluto. Tutte melodie penetrate negli strati più profondi. Ma soprattutto, quella.

Jerry gave us a number
Jerry gave us a place to stay
And Billy got hold of a van and a man
And we moved in the very next day
To 2541
Big windows to let in the sun
2541

Oh well I put down that money
When I picked up the keys
We had to keep the stove on all night long
So the mice wouldn’t freeze
You put our names on the mailbox
And I put everything else in the past
It was the first place we had to ourselves
I didn’t know it would be the last
At 2541
Big windows to let in the sun
2541

Now everything is over
Now everything is done
Everything’s in boxes at
2541
Oh…

Things are so much different now
I’d say that the situation’s reversed
It’ll probably not be the last time, that
I have to be out by the first
At 2541
Big windows to let in the sun
2541
Big windows to let in the sun
Let in the sun
Let in the sun
Let in the sun
At 2541

2541 è la prima canzone dopo gli Husker Du, uscita su singolo circa un anno prima dell’album. Un piccolo classico che descrive alla perfezione la potenza del ricordo, la forza che fa rivivere luoghi persone parole opere omissioni. E quando la potenza di un ricordo si attacca alla potenza di una canzone, è allora che arrivi alla felicità vera: valeva la pena di essere vissuta la tua vita, quando hai un nodo in gola e un sorriso che non ti puoi levare. Le cose sono molto diverse adesso diresti che la situazione si è capovolta e probabilmente non sarà per l’ultima volta che… Ma quelle quattro cifre, per noi, saranno sempre la combinazione per far riaprire quelle grandi finestre, per fare entrare dentro tutto il sole che c’è.

Non so se lo ascolta ancora qualcuno, Intolerance. Nei recuperi quotidiani che affollano le chiacchiere sulla musica, Grant Hart non ritorna mai; per lui nessuna reissue finora, e fino a quando? Eppure tutti quelli che hanno lasciato tracce l’avevano amato tantissimo. Riascoltando You’re the victim, all’improvviso ho capito da dove è saltata fuori la musica scabra e dolcissima di Mark Linkous e dei suoi Sparklehorse. In quell’assolo fischiato da 1′ e 11″ a 2′ e 15″ c’è l’essenza dell’estetica lo-fi e tutta la fierezza e la malinconia da bellissimo perdente che ancora non lo sa quanto potrà diventare brutta e lunga la sconfitta. Finché non arriva il giorno in cui lo vedi e lo capisci e quel giorno è la differenza tra chi non ce l’ha fatta come Mark e chi è arrivato fino a qui, perché non poteva essere già tutto finito.

I dischi nuovi di Bob Mould vanno ancora a 200 all’ora come se i cinquant’anni fossero il trampolino da cui spiccare il volo dopo la lunghissima rincorsa iniziata a vent’anni. L’ultimo disco pubblicato da Grant Hart due anni fa segue un ritmo tutto suo, lento irregolare inarrestabile, ed è un altro modo di avere cinquant’anni, tenendo i piedi per terra e lo sguardo fisso in cielo. Non torneranno mai insieme gli Husker Du, ma non se ne sono mai andati, non se ne andranno mai: sono il nostro decalogo, le nostre tavole della legge. E la rivoluzione comincia sempre a casa, sempre nello specchio del bagno. Tutti i giorni, anche domani.  

Questo post è dedicato ad Eddy Cilìa,
con l’augurio più affettuoso di una guarigione rapida e completa.