25 25 after 89: MIND BOMB – THE THE (17/25)

mind-bomb

Nel 1989 Morrissey non pubblicò nessun album; solo alcuni singoli, nessuno dei quali mi esaltò particolarmente, ed uno in particolare rimane tra le cose più imbarazzanti che abbia mai pubblicato (Oujia board, Oujia board). C’è poi quella data. 18 ottobre 1989: Springsteen annuncia la separazione dalla E Street Band. Il Boss e il Moz erano (e sono ancora) agli estremi del mio personale olimpo delle divinità rock, ma in quegli anni ci delusero e ci lasciarono soli, costringendoci a cercare delle altre voci da seguire. Ai tempi ne soffrimmo, ma adesso sappiamo che fu meglio così. L’espansione dei miei confini musicali nel corso degli anni ’90 iniziò anche grazie a quelle assenze.

Ho già raccontato nei 45 45s at 45 come si accese e divampò la mia passione per The The quando uscì Dusk; da lì in poi andai rapidamente a recuperare tutti i 4 album precedenti, a partire dal vinile di Mind bomb, di cui ricordavo benissimo The beat(en) generation. Quel singolo dal messaggio geniale e precisissimo non era bastato a convincermi che Johnny Marr avesse scelto il miglior nuovo partner possibile. Ed anche quando finalmente lo ascoltai tutto per bene, all’inizio lo trovai bello ma non bellissimo. Gli influssi smithsiani erano ridotti al minimo, ed anche se c’era la forza d’impatto di una band (rispetto al ruolo giocato dalle macchine in Soul mining ed Infected), c’era un senso di freddezza che mi teneva a distanza, là dove i colori crepuscolari e notturni di Dusk mi avevano riempito subito il cuore.

Il rispetto per Mind bomb divenne fiducia totale dopo l’11 settembre.
Matt Johnson nel 1989 aveva capito tutto.

Islam is rising
The Christians mobilising
The world is on its elbows and knees
It’s forgotten the message and worships the creeds

Armageddon days are here (again) rivelava le profezie di The future prima della caduta del Muro; rivelava in nome di chi sarebbero stati commessi tutti quei murder; e non perdeva tempo a richiederlo indietro, quel Muro, perché non ci possono essere muri dietro cui schierarsi quando la guerra è dappertutto.

If the real Jesus Christ were to stand up today
He’d be gunned down cold by the C.I.A.
Oh, the lights that now burn brightest behind stained glass
Will cast the darkest shadows upon the human heart
But God didn’t build himself that throne
God doesn’t live in Israel or Rome
God doesn’t belong to the yankee dollar
God doesn’t plant the bombs for Hezbollah
God doesn’t even go to church
And God won’t send us down to Allah to burn
No, God will remind us what we already know
That the human race is about to reap what it’s sown

C’è scritto tutto, per filo e per segno, in Mind bomb. Tutto quello che è successo e che sta succedendo. Dalla guerra del Golfo fino a Charlie Hebdo; e in mezzo sopra sotto, la sconfitta lunghissima, forse infinita, della nostra generazione. E non solo, e non tanto, per le bombe là fuori. Soprattutto per quelle che esplodono nella mente, ogni giorno, a volte uccidendo i pensieri, a volte uccidendo l’amore per chi ci sta accanto, a volte semplicemente terrorizzando e paralizzandoci. Ognuno di noi, uno per uno, uomini e donne e la generazione tutta intera. La bomba della mente: perché la Verità è violenta.

What is evil? What is love?
What is the force that possesses us?
Where is the beauty? Where is the truth?
Where is the force that watches over you?

What is it that makes us ashamed to be white?
(when we close our ears to the sound of machine gun)
And while the niggers of this world are starving
with their mouths wide open
What is it that turns the coins we throw at them
into worthless little tokens?

Why is it that anything on this earth we do not understand
We are pushed onto our knees to worship or to damn?
Those are the rules of religion
Those are the laws of the land
That’s how the forces of darkness have suppressed the spirit of man

That’s why human beings still walk on all fours
Whilst in the presence of their so called superiors
Somethings telling you to wake up and salute
The dangers of obedience and the violence of truth

God is evil, God is love
God is the force that possesses us
God is beauty, God is truth
God is the force that is watching over you

Non sarà la canzone più bella del disco, ma The violence of truth è il suo centro di gravità permanente, e forse anche di tutti questi decenni in cui ci siamo trovati a vivere. E’ tutto in quello sguardo intensissimo sparato nel bianco e nero della copertina, l’incredibile lucidità di questo giovane uomo: Matt Johnson aveva 28 anni, ancora lontano dalla saggezza di mezz’età di Leonard Cohen… Forse succede una sola volta nella vita di vedere tutto così chiaramente, e solo a pochi artisti è dato di riuscire a rappresentare la Realtà senza ombre senza paura senza pietà. Quando poi quello che tocca vedere è l’amore che muore, il coraggio che ci vuole è sovrumano.

Our bed is empty, the fire is out
And all the love we’ve got to give has all spurted out
There’s no more blood and no more pain
In our kingdom of rain

Le voci di Matt Johnson e di Sinéad O’Connor in Kingdom of rain intrecciano i suoni delle menti di un uomo e di una donna che si arrendono e mettono tutto da parte, tutte le cose da dire e quelle da non dire mai più. Mind bomb è un tuffo nelle profondità dell’anima, fino a toccare le Grandi Domande che non vorremmo ma ritornano sempre (Who is it?… WHO IS IT?), e le risposte, che ci scivolano continuamente tra le dita. E’ un viaggio al termine della notte più scura. E solo alla fine, una luce. Piccola, ma che tiene accesa l’attesa di domani. Quando riusciamo a far sì che la nostra debolezza diventi virtù invece di peccato.

Before our juices run cold and our flesh grows old
Let me feed upon your breast and draw closer to your soul
Let me stay with you tonight and I’ll offer you my world
I’ll take you to the angels if you’ll take me to myself

Take me beyond love
Up to something above
Upon this bed, between these sheets
Take me to a happiness beyond human reach

Beyond the grasp of lust
Beyond the need for trust
Beyond the gaze of the sick and the lame
Beyond the stench of human pain

Mind bomb non sta in nessuna lista o enciclopedia del rock, ma è un disco necessario. Odio queste definizioni: “disco inutile”, “disco necessario”. Non esistono dischi inutili; però esistono i dischi necessari. In questo viaggio indietro di 25 anni, per ora solo New York, Workbook e questo. Necessari per me e forse pochi altri, è ovvio, ma non ce n’è mai importato niente. Siamo la generazione sconfitta, ma almeno i nostri dischi non ci hanno mai tradito, ci hanno detto sempre la verità.

45 45s at 45: SLOW EMOTION REPLAY – THE THE, 1993 (28/45)

Dusk. Il crepuscolo. La notte che arriva e si stende sulle città. La notte che entra nelle anime.

Tra i dischi che raccontano la notte, questo album di The The ha un posto tutto suo. Un capolavoro che non ha avuto finora i riconoscimenti che avrebbe meritato; ma sono convinto che prima o poi, nei corsi e ricorsi storici, il suo momento arriverà.

In quel periodo partecipavo con Cipo ed altri all’acquisto dei dischi per Radio Lodi, presso un grossista di via Mecenate a Milano. Per prendere più dischi si sceglievano solo vinili (che costavano molto meno dei CD), ed un giorno portammo in radio anche il nuovo LP di The The, che negli anni precedenti aveva raggiunto in Italia una dignitosa notorietà. Iniziammo a trasmetterlo con Paolo Corsi a Psychocandy: il primo singolo era Dogs of lust, ma Slow emotion replay usciva dagli speaker in modo spettacolare e si impose per acclamazione nelle nostre playlist. Poi a settembre Paolo continuò con Massimo Boni (noto anche come L’Ingegner Boni) e con Demon Box, mentre io iniziai il programma al quale sono più legato: Taxi Driver. Partivo dopo di loro alle 22.30 e arrivavo fino a mezzanotte; sostanzialmente mi facevo dei veri e propri viaggi con la musica, alimentando tutte le suggestioni possibili con le atmosfere notturne e spaziando sia tra le cose fantastiche che uscivano a ritmo continuo in quegli anni d’oro, che tra i classici del passato più o meno recente.

In quelle notti della nostra radio di provincia, soprattutto tra il ’93 e il ’95, suonai le canzoni di Dusk decine di volte. Se dovessi scegliere, tra tantissimi capolavori, un album simbolo di Taxi Driver, sarebbe proprio Dusk. Love is stronger than death, True happiness this way lies, Helpline operator, Lonely planet, This is the night… E poi il punto di massima intensità, Bluer than midnight, con La Grande Domanda:

Why love can never touch my heart like fear does?

Da allora sono passati tanti anni; per questa Domanda e per molte altre abbiamo trovato delle risposte, qualcuna giusta, molte sbagliate… Mentre l’unica cosa che è rimasta sempre uguale è che everybody knows what’s going wrong with the world, but I don’t even know what’s going on in myself…

E con questa, sono 3 canzoni con dentro Johnny Marr: il musicista più presente in questi 45 45s. Giuro che non l’ho fatto apposta, ma sicuramente un motivo ci sarà…