45 45s at 45: BITTERSWEET SYMPHONY – THE VERVE, 1997 (37/45)

Ancora oggi, il mio album preferito dei Verve è A northern soul, non Urban hymns. Nel ’95 a Taxi Driver lo trasmettevo continuamente, la meravigliosa History soprattutto, e credevo così tanto nei Verve che, nei miei deliri notturni da digeietto di provincia ascoltato da nessuno, proclamavo una cosa tipo: “Ricordatevi dove li avete sentiti la prima volta”… Appunto, tanto non mi ascoltava nessuno. E intanto, loro si scioglievano…

Un paio d’anni dopo, appena prima del mio trentesimo compleanno, mi regalai una settimana sabbatica a Londra. Proprio così: Tondelli, Il trentesimo anno, Ingeborg Bachmann, Culture Club su Rockstar, i weekend postmoderni, i testi di Morrissey, i mutandati di Fabio De Luca su Rumore… Io ero (sono?) esattamente tutta quella roba lì. Stavo ad Earl’s Court, ed ogni volta che giravo l’angolo in Earl’s Court Road per andare alla metropolitana passavo davanti ad un negozio in ristrutturazione. Sulle vetrine per non vedere dentro erano stati messi dei grandi manifesti verdi con le scritte: The Verve. Bittersweet Symphony. The New Single. Appresi così che si erano riformati. In quei giri per Londra, ogni volta mi portavo a casa borsate di CD con novità di tutti i tipi; nella mia febbrile ricerca dei suoni per il terzo millennio, il nuovo album dei Verve era solo uno dei tanti acquisti da programmare per i mesi seguenti. Quello che, in realtà, avrebbe significato Bittersweet symphony nella mia vita, era semplicemente inimmaginabile.

La canzone nel giro di poche settimane divenne un successo enorme, e perfino in Italia quando uscì l’album Urban hymns volò ai primi posti delle classifiche. Trasmettere i Verve alla radio non era più un piacere esclusivo; e così i miei ascoltatori immaginari dovettero sopportare un’altra raffica di “Ricordatevi dove li avevate sentiti la prima volta”… Piacevano a tutti, ed era una bella soddisfazione sentire le loro canzoni ovunque.

La sinfonia dolceamara piacque anche ad una fan degli U2 un po’ delusa dalla piega che stava prendendo la loro carriera, che si convinse ad affiancare a Bono un’icona pop più aggiornata. E da qui parte quella serie di incroci del caso che hanno fatto nascere la nostra Conventional Family. La prima volta che non incontrai Ilaria fu quando i Verve si sciolsero per la seconda volta. Dovevamo incontrarci e conoscerci al concerto di Imola nel giugno del ’98, ma saltò tutto e così potevamo finire ancor prima di cominciare. Ma con epico coraggio le proposi il concerto dei Cure pochi giorni dopo e… Ok, fermiamoci qui, il resto della storia è roba nostra e non è poi molto diverso da milioni di altre storie.

E’ il punto di partenza che è bello da ricordare e su cui fa sempre bene riflettere. Nel gioco dei nostri “What if…” concatenati tra loro, alla base di tutte le cose che sono andate così e che potevano invece portarci altrove, c’è questa miracolosa canzone dei Verve inventata sopra un vecchio strumentale dei Rolling Stones, c’è questa band che non doveva più esistere e che è andata e tornata due volte ancora, ci sono io a 30 anni, una mattina di giugno a Londra, davanti a un manifesto verde, che penso che qualcosa di bello sta ricominciando. Poi riprendo a camminare, su un marciapiede di Londra, e passo in mezzo alla gente, alla ricerca del momento in cui la vita si spezza in due.

Il remix di James Lavelle

7 pensieri su “45 45s at 45: BITTERSWEET SYMPHONY – THE VERVE, 1997 (37/45)

  1. in realtà questo non è un commento al post qui sopra.

    ho scoperto ora (beh. 45 minuti fa) questo blog, e non volevo troncare una lettura che mi ha fatto molto piacere senza lasciare qualcosa
    sono solo di qualche anno più vecchio di te (…o siamo entrambi ‘diversamente giovani’?), e dopo un po’ di post ho cominciato a sentirmi sempre più interessato, e anche vicino alle cose che racconti e scrivi.

    In realtà non ho mai saputo -o voluto, potuto, chi può dirlo- lasciare che la musica diventasse nella mia vita così centrale come è stato per te. Mi feci prendere in molto avvolgente e molto presto dalla politica (anni ’76-’77), e questo decise molte altre cose. Ci mi un po’, e fra le cose che mi aiutarono in questo ci fu il Mucchio, a tenere la musica che avevo amato, per lasciarne tante altre (beh, un po’ di altre, diciamo) quando cominciai non solo a non essere più un ragazino, ma anche a sentire che non avrei sopportato il far finta che così non fosse. …E lentamente, benchè continuassi a dedicare alla musica davvero poco, cominciai a rendermi conto e a dirmi che nella musica che avevo amato (e che amavo) e negli anni che anche attraverso un po’ della loro musica avevo attraversato, c’era qualcosa di profondamente vero, e serio, e vivo, e (credo) non ancora del tutto raccontato, non ancora del tutto consegnato a chi tutto quello non potè vedere e vivere.

    quando ho trovato le recensioni a Billy Bragg (lo rividi, dopo le primeed uniche due volte nella mia vita, a Bologna e Reggio nell’87, nientemeno che a Montreal nel 2008, ero in viaggio di nozze!), ai Waterboys, ai Dire Straits, ho avuto la sensazione (spero di non diventare patetico, ma se così fosse, lo è da un po’ di capoversi, non certo solo ora) come di ritrovare un fratellino
    vabbè
    ho dei doveri, una famiglia, domani si fa il giro a mettere ceri nuovi alle dimore dei cari che non sono più, e probabilmente per la prima volta i piccini faranno domande un po’ più esigenti su chi erano i nonni e dove sono ora
    la pianto lì,
    un simbolico abbraccio e un grazie per come scrivi di musica e le cose che racconti
    buone cose, buon tutto
    buona musica, Andrea

    Gualtiero, Bologna
    poeta, insegnante, contastorie e papà

    p.s.
    l’altro giorno un mio caro amico poeta ho scritto una cosina che celebra i dischi, come li conoscemmo noi del millennio scorso
    ho pensato che avrebbe potuto piacere anche anche a te

    Se è vinile

    Se è vinile mi metto sull’attenti:
    l’han dato per spacciato, quante volte?
    Ma eccolo, glorioso lì che gira!
    Ipod, emmepitrè, cazzetti vari
    per voi non ce n’è proprio, lascia fare
    per chi è “consumatore” siete fatti
    ma per chi ama la musica, che cessi!
    Tal qual la fotocopia fatta a cazzo
    il suon da voi che esce è un rumorazzo.

    Cirano Bolognese

    • Grazie Gualtiero, sono felice di aver intercettato un insegnante poeta papa’!
      E’ uno degli scopi di questo blog, incrociare chi e’ stato ed e’ ancora sensibile al potere della musica e dei dischi. Quello che hai scritto sulla tua vita con la musica fa capire che il legame con le canzoni che fanno veramente parte di te non finisce, cresce ed invecchia con noi… Scusa, diventa diversamente giovane con noi! Poesia 100% Conventional Records approved. A presto!

    • Grandissimo regalo da Joyello!
      Questo link al mitico fumetto Generazione M pubblicato da Rumore (nel lontano? ’97?) e’ una chicca che onora questo piccolo blog!
      Rileggerlo da’ sempre grandi soddisfazioni (mutandate).
      Le mie annate di Rumore sono archiviate in garage e l’autore dei disegni non l’avevo memorizzato, così ho citato solo De Luca… Anche se e’ paradossale per un fumetto citare l’autore dei testi e non il disegnatore! Grazie per la precisazione e per il link!

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