Whatever’s for us – Joan Armatrading

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Pensavo che questo esordio di Joan Armatrading fosse un album poco significativo per la sua discografia. Pubblicato nel 1972, non ne avevo mai letto particolarmente bene. Un fatto, in particolare, mi aveva sempre fuorviato: tra questo e il secondo disco, uscito nel 1975, passarono ben 3 anni. Un intervallo normalissimo per i nostri tempi, mentre all’epoca equivaleva praticamente ad un nuovo inizio di carriera. In effetti, la crescita artistica e commerciale della Armatrading, da lì in poi, fu regolare e costante per circa un decennio… Ergo, a me questo esordio isolato evocava un’idea di “falsa partenza”, per cui mi ero sempre dedicato solo al suo periodo d’oro, appunto quello a cavallo tra anni 70 ed anni 80.

Joan Armatrading è un altro di quei personaggi passati da una discreta popolarità (che rendeva i suoi lavori facilmente reperibili) ad essere stata quasi completamente dimenticata; così che i suoi album non vengono più ristampati da decenni e l’unico modo per riscoprire la sua musica è setacciare gli amatissimi second hand shops e/o accontentarsi di qualcuna delle tante raccolte in cui il suo repertorio è stato, più o meno adeguatamente, riassemblato. Circa 3 anni fa ho messo le mani su Love and affection: Classics 1975-1983, un impeccabile doppio CD che ha superato le mie già elevate aspettative e che considero tra le mie migliori riscoperte senili in assoluto. Trovare tutte insieme le migliori canzoni dei suoi album migliori mi ha dato una soddisfazione infinita, mettendo a tacere le mie abituali paturnie filologiche e completiste (secondo cui le antologie sono il Male e bisogna avere solo gli album così come originariamente concepiti).

Mi ero messo il cuore in pace e pensavo di essere a posto così con la tenera Joan, quando in una ricognizione on line nel mio locale quadrilatero della perdizione (Libraccio-Nashville-Metropolis-Massive) ho intercettato Whatever’s for us ed ho calato LA 5 EURO quasi per dovere. Davvero, non pensavo potesse essere all’altezza delle gemme della mia preziosa raccolta. E sono rimasto quasi sbalordito. Altro che falsa partenza! Questo è uno degli esordi più grandi e sottovalutati che io abbia mai ascoltato. E si fottano, una volta di più, i luminari di Allmusic, che non danno 5 stelle piene a NESSUN album di Joan Armatrading e ne assegnano solo 2 ad un disco del genere. Perchè qui siamo ai livelli delle grandissime cantautrici dei primi anni 70: Carole King, Laura Nyro, Judee Sill…

Una cosa, in effetti, resta vera. Quest’album è diverso dal resto della produzione della Armatrading dopo la seconda metà dei ’70: appartiene all’età dell’oro dei singer-songwriters, quella dominata da Elton John nei suoi 4-5 anni di grazia. Ha il suono caldo e naturale di quegli album con copertine malinconiche, colori pastello o bianco e nero, chitarre gentili e pianoforti in primo piano, grandi arrangiamenti e grandi musicisti, budget importanti e produttori col tocco magico al servizio di talenti giovanissimi in anni intensissimi… Joan aveva 22 anni e cantava con la splendida incoscienza di una voce dalle parti di Nina Simone. Molto diversa dalla donna già matura del suo periodo di quasi successo. Alla metà degli anni 80, appariva già come una veterana che dimostrava più della sua età. E che cazzata che abbiamo fatto, col senno di poi, a smettere di seguirla per sostituirla con Tracy Chapman…

A volte, ascoltando questi dischi realizzati in quei pochissimi anni, tutto sembra fluire in modo così facile, come senza sforzo, come se avrebbe potuto farli chiunque, in qualsiasi momento. E invece sono stati quegli artisti lì, in quegli anni lì; e 40 o 50 anni dopo sono ancora tutti presi a cercare di creare qualcosa di simile. Con tutte le migliaia di dischi che abbiamo amato ed ameremo, c’è qualcosa nelle opere nate in quel tempo breve e lontano, così pieno di utopie dimenticate, che non passa mai. La meraviglia di riascoltarli per la millesima volta, o per la prima, ed essere riempiti di bellezza.