50 Discographies at 50 – LCD SOUNDSYSTEM (21/50)

LCD Soundsystem (2005)
Sound Of Silver (2007)
This Is Happening (2010)
American Dream (2017)

Ettore è uno dei miei migliori “amici musicali”: ci siamo visti una volta sola, ma ci incrociamo tutti i giorni su Facebook e dopo un po’ di anni so più cose di lui, di quello che pensa, rispetto a molti amici “reali”. A volte scherziamo su come, nel passato, abbiamo vissuto vite musicali parallele, in molti punti perfettamente sovrapponibili; e ci sono pensieri di oggi che potrei aver formulato io, parola per parola. Questo, pochi giorni fa, per esempio:

Ieri sera prima di addormentarmi pensavo: Ma perché non posso più avere un disco come “Disintegration” al quale aggrapparmi per settimane, al quale restare avvinghiato per mesi, dal quale tornare fedele a farmi accarezzare negli anni?
Questa mattina mi sono reso conto che ovviamente e banalmente avevo sbagliato la domanda.
Quella corretta era: perché non posso più tornare ad avere 23 anni?

Questa è la mia ultima Discography. Non nel senso che voglio piantar lì questa lunghissima serie (non siamo neanche a metà, ma sono ancora bello determinato). È l’ultima come arco temporale e contiene perfino il mio album del 2017. E se ho definito American Dream il mio ultimo disco da quarantenne, tutti gli album di LCD Soundsystem sono la Discography dei miei quarantanni. Sono i dischi che ho ascoltato di più nell’ultimo decennio? Assolutamente no. Nel 2017 l’album che ho ascoltato di più è stato, indiscutibilmente, Come Le Star di Maggie & Bianca. E no, Ettore: non possiamo più tornare ad avere 23 anni…

Voglio questi 4 dischi nel mio canone di mezzo secolo di vita, a costo di lasciare fuori quelli di artisti che ho sicuramente amato di più, o comunque più belli. Li voglio perché i quarantanni che mi sono appena lasciato alle spalle non li ho capiti fino in fondo. Certo, la maturità, la consapevolezza, le scelte, gli affetti. Ma c’è sempre quello schermo nero, quel cursore che pulsa… ripassare tra questi dischi sarà sempre come rientrare e riuscire dallo schermo. Con tutti i suoni della vita intera, come se fossero stati creati oggi, ora.

La forza di James Murphy, la sua vera invenzione, è quella di saper costruire canzoni che suonano nello stesso tempo classiche e proiettate nel futuro. Il futuro coraggioso degli anni 80, insieme a quello spaventato di domani. E l’ingrediente segreto siamo noi: ognuno con la sua vita e in lotta con il tempo, lontani dai nostri 23 anni e lontanissimi dalla nostra età reale.

Sono dischi che ci entrano dentro in un modo diverso: non ci aggrappiamo, non restiamo avvinghiati per mesi, soprattutto non ci accarezzano… ma non credo ce ne siano di più importanti. Anche per il Venerato Eddy Cilìa, molto più autorevolmente, il disco dell’anno appena finito è stato quello degli LCD Soundsystem; nel suo commento a un certo punto ricordava la citazione di Murphy, che descriveva le sue canzoni come “musica il cui argomento è lo scrivere musica”. E sottolineava come queste canzoni siano “subito memorabili per quanto si prestino poi a letture molteplici”. Se per 50 anni i dischi hanno raccontato la vita che abbiamo avuto, ci sta che i dischi sui dischi, oggi, servano a raccontare la vita che abbiamo. Che è anche il miglior modo per spiegare che scrivere un blog di dischi è un modo per parlare della vita.

TOP 5 2017

Le playlist di fine anno sono sempre di più un tentativo vano di fissare degli ordini di priorità nell’oceano di ascolti possibili. Qualche giorno fa ne ho commentata una di un amico di Facebook, che mi ha risposto in tono autoironico che lui non era Mojo o Uncut. Ma in realtà ognuno di noi, ormai, vale come Mojo o Uncut! Ovviamente non in senso assoluto, ci mancherebbe altro; ma in modo strettamente relativo un po’ sì. Siamo tutti autorevolissimi, dentro la bollamediatica in cui ognuno di noi vive: tutte diverse e composte da un mix di media tradizionali, di web in tutte le sue forme e soprattutto della nostra cerchia di amici veri e virtuali che condividono tutto, e la musica in modo particolarmente efficace. Siamo tutti qui, sugli schermi degli smartphone e dei pc, con tutta la musica a disposizione e tutti i giudizi per scegliere questo o non scegliere quell’altro… L’unica cosa che scorre sempre uguale è il tempo… E alla fine, per ognuno di noi, il metro principale per valutare la musica rimane il tempo che passiamo con lei.

Prima di passare in rassegna le mie 5 scelte del 2017, recupero anche la Top 5 2016 che l’anno scorso avevo saltato: sembra che nei cicli di questo blog gli anni pari siano sempre penalizzati, senza che ve ne sia assolutamente alcun motivo, anzi…

1. David Bowie – Blackstar
2. PJ Harvey – The Hope Six Demolition Project 
3. Michael Kiwanuka – Love & Hate 
4. Sturgill Simpson – A Sailor’s Guide To Earth
5. Drive-By Truckers – American Band

Effettivamente la lista dell’anno scorso era di livello superiore. Quest’anno il distacco tra le mie prime scelte e gli altri album che mi sono piaciuti non è stato così forte. Ma il gioco è così, e alla fine le mie scelte sono state queste.
(Menzione speciale per il mio disco italiano dell’anno:
Mauro Ermanno Giovanardi – La Mia Generazione)

5. THE MAGNETIC FIELDS – 50 SONGS MEMOIR
Nell’anno dei miei 50anni, una scelta obbligata. Che ha parzialmente ispirato la serie che sto portando avanti delle 50 Discographies. Stephen Merritt da questo punto di vista è un esempio eccezionale: tutto è possibile, 69 canzoni d’amore, 50 per ogni anno di vita, e dentro c’è sempre una storia, uno spunto, spesso un piccolo capolavoro. Ovviamente l’ascolto di un disco di 50 canzoni passa attraverso momenti di stanchezza e idee non particolarmente brillanti. Ma confrontare i propri 50 anni con quelli di questo musicista unico e totalmente libero è stato uno dei più bei regali in questo difficile passaggio del tempo.

4. RYAN ADAMS – PRISONER
Roma, Gardone Riviera, doppietta all’Olympia Theatre di Dublino (la foto sulla testata è il pubblico della seconda, 12 settembre… in seconda fila si vede Conventional Wife!). Probabilmente averlo visto 4 volte nello stesso anno non consente di essere molto imparziali… ma il punto, nel 2017 e a 50 anni, è: che senso ha essere imparziali? Vedere questo Ryan Adams dal vivo, con le canzoni di un album come Prisoner, ogni volta con un inizio pazzesco come Do you still love me? (la canzone più bella dell’anno e una delle migliori della carriera di Ryan), mi ha fatto sentire e vivere questo disco come poche volte nella vita. E sono sempre più convinto della “profezia” della Discography 1/50: quando verrà scritta la storia della musica di questi anni, Ryan Adams ed album come Prisoner (che oggi a fatica entrano negli ultimi posti dei listoni di fine anno) saranno i primi ad essere ricordati.

3. THE DREAM SYNDICATE – HOW DID I FIND MYSELF HERE?
“And you may ask yourself…”: le domande di Once in a lifetime dei Talking Heads, più di 35 anni dopo, non se ne sono mai andate via. Come ci siamo ritrovati QUI? Personalmente non avrei mai pensato, nel 2017, che avremmo avuto un altro disco dei Dream Syndicate. Meraviglioso che siano rinati con questa nuova formazione, che siano venuti fuori dei pezzi così ispirati e che abbiano convinto perfino Kendra Smith a tornare, almeno per una canzone. Non capisco chi pensa che li si apprezza solo per nostalgia del passato: in generale non desidero nessuna reunion, anzi di solito diffido per principio. Ma quando un disco è così bello, la suggestione di un nome glorioso è solo un dettaglio.

2. HURRAY FOR THE RIFF RAFF – THE NAVIGATOR
Alynda Segarra. Anche qui, se mi avessero detto che mi sarebbe piaciuta una con un nome così, non ci avrei creduto. Ed anche il nome assurdo del suo progetto finora mi aveva condizionato parecchio. Poi se mi fossi limitato a leggere recensioni su un disco di una folksinger che riscopre le sue radici portoricane e realizza un ciclo di canzoni su una ragazza che affronta le difficoltà economiche e sociali del mondo di oggi… me ne sarei tenuto lontano. Invece mi sono imbattuto in Hungry ghost (la seconda canzone più bella dell’anno) e ho capito che questa è un’altra delle donne che potrebbero salvare il rock (o rallentarne un po’ l’esaurimento). Tra gli acquisti del cuore del 2017 mi manca ancora il mini-album di Billy Bragg; ma uno dei segnali positivi degli ultimi anni è questo fare politica con la musica in modo personale e lontano dalla retorica, come Billy, PJ, Morrissey e personaggi ancora con un futuro da rischiare come Alynda.

1. LCD SOUNDSYSTEM – AMERICAN DREAM
Appunto, le reunion sarebbe meglio evitarle. Per me loro dovevano fare come i Jam, i Clash, gli Smiths e gli Husker Du: pochi anni vissuti al massimo e non tornare mai più. Ma “loro” in realtà sono solo James Murphy, e in casi come questo non ci si riforma, ma ci si ricongiunge con un alter ego più grande della vita. Ed è andata così, il quarto album si è infilato perfettamente vicino agli altri tre, sempre dopo quello dei La’s e prima dei Led Zeppelin. Perfetto per me, in questo 2017 in cui mi sono perso nei 50 anni di un altro (50 songs memoir) e mi sono messo a riattraversare le mie 50 Discographies, prima di affrontare la prossima musica da cinquantenne: questo è il mio ultimo disco da quarantenne. Quello in cui si rallenta perchè si sa quando serve accelerare. Quello in cui si smette con l’ossessione della notte perchè i giorni diventano più preziosi. Quello in cui si perdono per sempre amicizie, idee, capelli, sogni americani e sogni europei. Quello in cui si perde per sempre anche David Bowie, ma si impara a ricordare senza rabbia.

45 45s at 45: ALL MY FRIENDS – LCD SOUNDSYSTEM, 2007 (45/45)

Dove sono tutti i tuoi amici, stanotte? A parte quelli su Facebook, intendo…

Come facciamo a capire se siamo ancora amici, o se è tutto finito quell’ultima volta che ci eravamo visti? Che anno era? Perchè mi ricordo perfettamente ogni anno degli anni ’90, quello che facevo i dischi le persone, mentre non riesco a distinguere bene nessuno degli anni dopo il 2000? Sì, mi ricordo cosa stavo facendo l’11 settembre. Ma di quello che è successo i mesi prima e i mesi dopo, l’anno prima o l’anno dopo… Qualcosa l’ho riletto su Patria di Enrico Deaglio.

You spent the first five years trying to get with the plan
And the next five years trying to be with your friends again

L’altra sera ho rivisto una compagna dei primi due anni del liceo, dopo 29 anni. Io guardavo lei esattamente come lei guardava me: quanto siamo cambiati, quanto siamo rimasti uguali. Ho letto una cosa che aveva pubblicato in bacheca. A un certo punto, fulminante: “…e t’accorgi che trent’anni non son bastati a niente. Che non è vero che si cambia e che nemmeno si cresce; ci si amplifica semmai, si cambia la cassa di risonanza ma la musica rimane la stessa.” Applausi. Eccolo qua, il 45esimo 45.

You’re talking 45 turns just as fast as you can
Yeah, I know it gets tired, but it’s better when we pretend

Dentro All my friends, James Murphy ci ha messo le nostre collezioni di dischi, e tutti i modi in cui dimostriamo la nostra età. Who Bowie Primal Scream Talking Heads Joy Division Pink Floyd Velvet Underground Radiohead Suicide Strokes Arcade Fire… Ogni suono ed ogni parola dicono la verità, tutta la verità su di noi. Ed è questo coraggio di voler fare dischi importanti in un’epoca in cui niente importa veramente, che ha reso LCD Soundsystem l’ultima grande band della nostra generazione. Solo 3 dischi, e poi la forza di dire basta quando nessuno se lo aspetta. Come i Jam, i Clash, gli Smiths, gli Husker Du. Sperando che anche loro resistano sempre alla tentazione di riformarsi.

You drop the first ten years just as fast as you can
And the next ten people who are trying to be polite

Se ne stanno lì, i miei 3 Cd di LCD Soundsystem, tra l’album dei La’s ed il primo dei Led Zeppelin, e sono come gli amici che non vedi mai ma quando ci si vede si parla da amici, senza problemi senza filtri di cose vere, si dicono cose di cui poi ci si ricorda quando è il momento, quando si sopportano educatamente quelli che tocca vedere tutti i giorni. Quei dischi così pieni di cose nostre che ogni volta ti lasciano dentro quello che sapevi insieme a qualcosa di nuovo. Abbiamo famiglie lavori figli incombenze impossibili, la Storia che ci passa sopra mentre aspettiamo e aspettiamo, e quando ci toccano le nostre solitudini sono più profonde. Ma in mezzo sotto o di lato abbiamo questi dischi, alcuni di noi, e quando serve come amici ci danno una mano, come hanno sempre fatto.

You forgot what you meant when you read what you said
And you always knew you were tired, but then
Where are your friends tonight?
Where are your friends tonight?
Where are your friends tonight?
If I could see all my friends tonight
If I could see all my friends tonight
If I could see all my friends tonight
If I could see all my friends tonight

La faccia di Paolo quando Francesca glieli ha fatti trovare veramente, in un locale, tutti i suoi amici, per il 40° compleanno. La faccia di Paolo alla fine di quella serata, dopo 40 anni e tutti quegli amici. E dopo tutti quei dischi scelti per lui (inevitabilmente, un bel po’ di questi 45 45s…). Che lo sai bene di averli, tutti quegli amici e tutti quei dischi, ma quella faccia lì, se vuoi provare a rivedertela, devi andare a cercarla nelle foto di quando eri bambino, prima dell’amplificazione e della cassa di risonanza, prima della vita e del rock’n’roll.

La versione intera

La versione In Lego